L’esperienza WorldSkills nelle parole del direttore dell’ “Ente nazionale giuseppini del Murialdo – Engim” di Pinerolo
Intervistato sui campionati nazionali dei mestieri WorldSkills Italy che a ottobre 2020 si sono svolti a Bolzano, il vostro docente di falegnameria Danilo Caffer ha raccontato l’esperienza con toni entusiastici. Li condivide?
Sì, certo. Rappresentiamo una realtà piccola ma ce la mettiamo tutta, quindi per noi raggiungere i campionati nazionali è stato motivo di grande soddisfazione. L’entusiasmo di Caffer è anche il mio, di tutta la sede di Pinerolo e anche di Engim Piemonte.
A proposito dell’esperienza WorldSkills Italy, cosa ha restituito a lei personalmente?
Uno stimolo a migliorare, perché dal confronto con altre realtà ho potuto capire quali siano i nostri limiti. Il comparto di falegnameria, che ha concorso a WorldSkills, era nato per alimentare il bacino di artisti del Pinerolese: ora che ci siamo resi conto del livello qualitativo raggiunto da questo settore in altre aree geografiche, abbiamo un punto di riferimento preciso a cui mirare. Concretamente, sto pensando a investimenti per acquistare attrezzature più aggiornate.
Quali sono state, invece, le ricadute per i ragazzi?
L’esperienza è stata un vero valore aggiunto. Ho apprezzato il grande impegno che i ragazzi hanno profuso durante la preparazione e le competizioni. Mi fa piacere segnalare che lo studente che ha partecipato ai campionati nazionali ha trovato lavoro poco dopo: la passione che lo connota nella vita personale lo ha fatto distinguere anche agli occhi del datore di lavoro.
In Piemonte si lamenta lo scarso riconoscimento sociale di cui le professioni artigianali godono rispetto all’alta considerazione che ottengono invece in Alto Adige. Condivide questo punto di vista?
Sì, esiste un gap culturale, che nel settore della falegnameria è particolarmente accentuato. In Alto Adige c’è una tradizione locale molto radicata, da noi i mobili a mano li fanno ormai in pochi… Le altre filiere invece – penso per esempio a quelle degli acconciatori, addetti vendite, elettricisti, meccanici… – hanno una buona tensione occupazionale anche in Piemonte.
In che modo il format WorldSkills contribuisce all’innalzamento della formazione professionale di studenti e docenti?
Per la formazione professionale è un’ottima vetrina. Diversamente da nazioni come Germania e Francia, dove questo settore ha una sua alta dignità, in Italia invece è considerata una scelta di serie B. I nostri “concorrenti” sono i licei: i genitori li preferiscono rispetto alle scuole professionali. Eppure nel giro di un anno e mezzo in Italia la maggior parte dei qualificati degli enti professionali trova un’occupazione oppure sta ancora proseguendo gli studi. Credo che WorldSkills abbia la possibilità di rappresentare al meglio la dignità della filiera della formazione professionale e di modificarne la percezione generale.
Ed è una vetrina anche per l’orientamento professionale?
Assolutamente sì, in questo senso ha una funzione fondamentale. Anzi: dal momento che spesso all’ultimo anno delle scuole medie le famiglie hanno già indirizzato le scelte scolastiche dei propri figli, a mio parere i mestieri WorldSkills dovrebbero essere proposti “in vetrina” prima, magari al primo o al secondo anno delle scuole secondarie di primo grado.
WorldSkills è un’occasione di formazione di alto livello. Quali ricadute concrete ha riscontrato nei ragazzi?
WorldSkills è un’ottima opportunità per potenziare le loro competenze. Personalmente mi piacerebbe però che, oltre alle competenze professionali, che sono concrete e subito visibili, i ragazzi possano acquisire anche le cosiddette competenze secondarie. Faccio degli esempi: a supporto del sapere essere e saper fare, dovrebbero imparare anche il saper risolvere un problema, collaborare con i colleghi, essere puntuali, portare avanti la commessa. Sono skills fondamentali per i lavoratori in tutti i mestieri.
La condivisione dei parametri WorldSkills va nella direzione di una certificazione unica delle competenze professionali, riconosciuta a livello regionale per non dire internazionale. La considera una opportunità in più che i giovani possano spendere nel mercato del lavoro?
Attualmente i profili professionali sono molto generici, lasciati alla personalizzazione individuale, descritti con aggettivi e non da indicatori puntuali. La possibilità di fare riferimento a parametri standardizzati sarebbe molto vantaggiosa.
Quale ritiene sia il vero valore aggiunto di WorldSkills?
La sua funzione di orientamento e l’occasione di incontro e confronto con altre realtà professionali al di fuori del tradizionale contesto scolastico.
Sarebbe favorevole all’adozione degli standard WorldSkills nel sistema scolastico regionale o nazionale?
Condividere parametri specifici permetterebbe di “parlare tutti una stessa lingua” e sistematizzare qualcosa che fa fatica a essere uniformato. Condividere quei parametri così alti permetterebbe di innalzare il livello di formazione dei nostri ragazzi. Proprio di questo c’è bisogno: competenze di alta qualità che permettano ai ragazzi di andare oltre il momento contingente, “prendi la qualifica e il lavoro lo impari lavorando”. Ai ragazzi serve raffinare le proprie skills tecniche a scuola per poi affrontare un mondo del lavoro che chiede già professionisti capaci. Noi siamo, per così dire, supini a un ricatto: per ottenere il riconoscimento di obbligo di istruzione abbiamo abbandonato un 20 per cento di ore di laboratorio a vantaggio di materie di base, come italiano e matematica, che depauperano il “cuore” del corso. Un esempio? Su 30 ore settimanali solo 11 sono dedicate al laboratorio di falegnameria, nel 1981 erano 18. Noi dobbiamo insegnare un mestiere e invece abbiamo barattato la nostra specificità.
L’alternanza scuola lavoro va in questa direzione?
Sì, ma in Italia le aziende non sono ancora pronte, la considerano per lo più una perdita di tempo invece che un’opportunità arricchente. Se funzionasse come in Germania, dove è finanziata con investimenti sostanziosi, per i nostri ragazzi sarebbe un’ottima occasione. Qui non riusciamo a farla decollare.
Si parla insistentemente di academy, dove la formazione professionale collima con le esigenze delle imprese. Come vedrebbe un’Academy WorldSkills Piemonte in questa importante funzione di raccordo fra scuola e mondo del lavoro?
Sarebbe perfetta, a patto che gli insegnanti dell’academy siano professionisti del settore di alto livello, che portino un know-how elevato. Se così fosse, io li vorrei non solo per formare gli insegnanti, ma soprattutto i ragazzi nelle aule e nei laboratori.
Una parola per definire WorldSkills?
Una bella vetrina di opportunità lavorative e orientative.
Confermate la vostra adesione alle prossime edizioni?
Certo, appoggio caldamente la partecipazione.
Desidera aggiungere qualcosa?
Vorrei ringraziarvi per l’opportunità che ci avete offerto.